AURELIA, SIMBOLO DI UN SECOLO LANCIA

21 ottobre 2006

21-10-2006 / 09-04- 2007

Sin dall’inizio, quando nacque la Lancia il 29 novembre 1906, Vincenzo Lancia con l’allora socio Claudio Fogolin pensò ad un prodotto di eccellenza, un palmo sopra tutti, e quando nel settembre del 1907 apparve la prima vettura Alfa 12 HP si capì che la nuova Casa intendeva puntare sulla grande qualità e sulla innovazione. L’auto dal telaio leggero (710 Kg. senza carrozzeria) disponeva di un motore piccolo per l’epoca di soli 2,5 litri, ma che erogava 24/28 cavalli a 1800 giri al minuto, un regime di rotazione impensabile per allora, che faceva viaggiare il veicolo carrozzato a ben 90 all’ora.

Seguirono altre vetture di grande qualità, per una clientela selezionata ed esigente, che sapeva di trovare nella Lancia il massimo della perfezione. Nel 1913 è una Lancia la prima automobile a montare di serie l’avviamento e l’illuminazione elettriche, mentre nel 1922 è rivoluzione nel settore con la comparsa della Lambda, la prima auto a scocca portante, ruote anteriori indipendenti, cilindri a V con asse a cammes in testa. Seguirà qualche anno dopo lo splendido motore a otto cilindri a V stretto della Dilambda e dell’Astura, per arrivare al 1936 con la nascita dell’Aprilia.Ancora una volta Vincenzo Lancia aveva stupito il mondo con un auto compatta ma dalla grande abitabilità, scocca portante, quattro ruote indipendenti, motore 1.350 a V stretto da 48 cavalli ad oltre 125 all’ora. Un successo incredibile che continuerà sino al 1949 con quasi 30.000 esemplari costruiti, fra i quali molte belle fuoriserie.

Già nel maggio del 1945, appena terminata la guerra con le sue devastazioni, le fabbriche dovevano pensare a riattivare l’attività, spesso con gli stabilimenti bombardati. Fiat, Lancia ed Alfa Romeo non poterono fare altro che rimettere in produzione i modelli anteguerra: Topolino, 1100 e 1500 a sei cilindri per la Fiat, Aprilia e la piccola Ardea per la Lancia e pochi esemplari della lussuosa sei cilindri 2500 Alfa Romeo. Ma urgeva pensare al nuovo, ad una ripresa economica che infatti non avrebbe tardato molto a venire.In casa Lancia ora c’era la vedova Signora Adele Miglietti Lancia alla Presidenza, mentre il figlio Gianni si stava laureando in ingegneria meccanica all’Università di Pisa, divenendo nel 1948 Direttore Generale.

Già negli ultimi tempi il giovane Lancia se ne andava da Torino a Pisa con una strana Aprilia dotata di due tubi di scarico, che celava nel suo cofano un nuovo motore a sei cilindri a V di quasi 1600 di cilindrata e 58 cavalli. I primi seri studi su un motore a sei cilindri a V furono del giovane ingegnere Francesco De Virgilio, che nell’esilio di Padova dovuto ai bombardamenti su Torino iniziati nel 1942, aveva risolto teoricamente il problema del bilanciamento e dell’assenza di vibrazioni. Così, quando nel 1948 venne deciso lo studio di una vettura completamente nuova, il progetto motoristico fu affidato a De Virgilio, mentre sovraintendere al complesso della nuova vettura fu compito di Vittorio Jano, uno dei tecnici più qualificati del periodo. La vettura doveva essere innovativa nello spirito Lancia, sobria, diversa dalle altre, veloce al punto giusto, silenziosa e signorile.

Si scelse la soluzione di collocare il cambio posteriormente, in blocco con il differenziale e i freni, per una migliore distribuzione dei pesi, riuscendo in pratica anche a ridurre al minimo l’ingombro del tunnel centrale.

Per la carrozzeria si scelsero linee morbide e avvolgenti e responsabile fu Amedeo Piatti, anche se si parla di una consulenza di Pinin Farina, che infatti nel ‘48/49 realizzò delle Aprilia che prefiguravano l’aspetto delle future Aurelia.

L’Aurelia B10 venne presentata al Salone di Torino del 4 maggio 1950. Suscitò ammirazione per la morbida eleganza, tutta italiana, che nulla concedeva alla moda americaneggiante del momento. Il motore definitivo (primo V6 prodotto in serie al mondo) aveva cilindrata di 1754 cc. con potenza di 56 CV per una velocità di 135 all’ora.

Accanto alla berlina venne proposto anche un autotelaio scatolato per i carrozzieri.

Nel 1951 era la volta della B21, eguale ma con motore 1991 e 70 CV, mentre una versione spinta denominata B22 vantava addirittura 90 CV con velocità di ben 160 all’ora.

Nel ’51 nasceva anche la fortunata serie B20, una berlinetta veloce e confortevole per un uso veramente da Gran Turismo. Il motore passerà da 1991 a 2451 cc. con potenza fino a 118 cavalli e velocità di 180 all’ora.

Innumerevoli le sue vittorie.

Nel 1954 vedrà la luce anche la seconda serie della berlina (denominata B12) con ritocchi alla linea che acquistava un aspetto più severo ed un motore di 2.266 cc. da 87 CV.

Destinata inizialmente al mercato statunitense, nel 1954 faceva la sua comparsa anche la versione spider dell’Aurelia, una stupenda realizzazione di Pinin Farina su telaio della Gran Turismo accorciato di venti centimetri.

Intanto Pinin Farina carrozzava su telaio B56 alcune fuoriserie che chiamerà “Florida” e dalla quale nascerà nel 1957 la Flaminia.

Le ultime Aurelia Gran Turismo B20 e spider/convertibile saranno prodotte nel 1958, lasciando tutte un profondo segno nella storia dell’automobile.

Nino Balestra

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